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La storia di Cino - Recensione

17/12/2014 | Recensioni |
La storia di Cino - Recensione

Quando si dice “non è mai troppo tardi”, ebbene, il regista di La storia di Cino, Carlo Alberto Pinelli, l’ultra settantenne figlio dello sceneggiatore Tullio Pinelli, ha deciso di mettere in scena il suo primo film di finzione (dopo numerosi documentari) raccontando la storia di un Polli (Cino) nostrano. La pellicola prende a cuore temi importanti e di denuncia sociale, il tutto in chiave favolistica, modalità adatta ad avvicinare il pubblico dei più piccoli e non.
La storia è ambientata in Piemonte, nelle valli del Cuneese di fine '800. Il piccolo Cino (Stefano Marseglia), 9 anni, viene affidato dal padre ad un malgaro francese perché lo porti, insieme ad altri bambini del posto, al di là del confine. Cino lavorerà come stagionale negli alpeggi francesi e riporterà a casa ciò che ha guadagnato. Il malgaro però si rivelerà un violento e il bambino cercherà di attraversare da solo il confine. Lungo la strada incontrerà molti personaggi, fra cui una bambina, Catlìn (Francesca Zara), che lo aiuterà a trovare la strada di casa.
Certo si tratta di un film di finzione, ma ancor di più, La storia di Cino è una pellicola di formazione, un viaggio fiabesco che porta gli spettatori, in particolare i più piccoli, a camminare accanto al protagonista, a vivere con lui i momenti peggiori e quelli più divertenti, il tutto in un’atmosfera avventurosa fatta di semplicità e naturalezza.
Ad ancorare bene a terra i piedi del protagonista e la fantasia del pubblico, è infatti la struttura narrativa del film, per nulla complessa ed anzi, genuina e senza fronzoli, creata ad hoc proprio per mantenersi in equilibrio fra fantasia e realtà.
Pinelli infatti, porta sotto gli occhi di tutti, argomenti forti, di denuncia sociale (lo sfruttamento lavorativo dei minori, la miseria e l’interessamento sessuale) che è possibile notare fin da subito. Il tutto raccontato con coraggio, concentrazione e attenzione ai dettagli.
Sin dai primi fotogrammi si nota infatti che a guidare la macchina da presa è l’occhio da documentarista del regista. Il paesaggio naturale si presta in tutta la sua interezza a Pinelli e i due piccoli protagonisti esordienti, riescono anche se con qualche piccola difficoltà, soprattutto di recitazione spontanea, ad integrarsi con esso.
Nonostante quindi qualche carenza dal punto di vista recitativo, qualche dialogo troppo semplicistico, la natura favolistica del film riesce comunque a renderlo interessante, portatore di messaggi profondi e adatto ai più piccoli e non, che entreranno fin da subito in empatia con i protagonisti.

Alice Bianco

 


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